Questo ennesimo prequel del Pianeta delle scimmie, si spera l’ultimo, rivela la storia del folle leader delle scimmie Proximus Caesar, ma è ora che il franchise si evolva.
Dopo quattro film ambiziosi e di successo, il franchise reboot-prequel Il pianeta delle scimmie arriva a quella che potrebbe essere la fine, avvicinandosi al momento in cui Charlton Heston e la sua troupe precipitano, nel 3978, nel film originale. È qui che, nel 1968, è cominciato tutto.
Naturalmente, se questo sarà un grande successo, teoricamente si potrebbe inserire un altro episodio prequel. Ma spero di no.
Non è che questo film sia a corto di energia o brio – non lo è – ma la storia è intricata, artificiosa e stranamente deludente perché il film originale sta iniziando a incombere su tutto come l’ombra della Statua della Libertà. Tutto ciò che accade deve corrispondere a ciò che sappiamo sta arrivando.
Ci devono essere scimmie “buone” per cui fare il tifo, ma anche scimmie “cattive” per dare un senso all’imminente tirannia delle scimmie dell’originale. Devono esserci esseri umani “buoni” affinché le scimmie “buone” possano avere una relazione riconoscibile, ma devono mostrare tendenze “cattive” o anti-scimmia per allinearsi con questa fondamentale antipatia scimmia/uomo.
E devono esserci molte cose sugli osservatori e sui radiotelescopi che sono ancora, miracolosamente, funzionanti.
Il Regno del Pianeta delle Scimmie non è affatto male, anche se fa affidamento su trame e idee prese da Il Re Leone. E ci ricorda che il film originale è incomparabilmente migliore di tutti quelli che sono seguiti, una satira sul potere creata dall’autore Pierre Boulle che ha anche scritto il romanzo originale di Il ponte sul fiume Kwai.
Qui iniziamo “molte generazioni” dopo il regno di Cesare, il duro ma illuminato sovrano delle scimmie, creato per caso dagli umani durante una sperimentazione di un farmaco antidemenza.
Ora gli umani sono regrediti a uno stato primitivo e le scimmie hanno un leader crudele e folle, Proximus Caesar (Kevin Durand), che presiede un caotico accampamento costiero allestito vicino a quella che sembra essere una tomba umana abbandonata, una tomba sigillata che Proximus crede potrebbe contenere la chiave del potere supremo… se solo riuscisse ad aprirla.
Ma esiste anche una colonia di scimmie gentili e pacifiche, il Clan dell’Aquila, che ha come feticcio l’addestramento delle aquile. Il loro leader viene crudelmente ucciso da Proximus e dalle sue truppe usando quelli che sembrano essere dei taser rudimentali (perché il clan dell’Aquila non abbia almeno archi e frecce non è chiaro).
L’esuberante giovane figlio di questo leader, Noa (Owen Teague), fugge in esilio dove, come da tradizione, viene aiutato da una vecchia e saggia guida, la scimmia Raka (Peter Macon). Durante la sua missione per salvare il suo clan e la sua famiglia, Noa fa amicizia con un essere umano solitario e attraente, Mae (Freya Allan), che fa causa comune con Noa ma ha obiettivi segreti. Si imbattono in Trevathan (William H Macy), un vecchio saggio ma cinico che è l’equivalente umano di Raka.
Tutto porta ad un confronto con Proximus, che è un personaggio meno interessante di Cesare. Il film diventa piuttosto confuso e assurdo verso la fine, ma non prima di alcune sequenze d’azione davvero buone, inoltre le facce delle scimmie in CGI sono molto buone.