Caso Sangiovanni: Ghemon e altri artisti si schierano con lui

Il cantante Sangiovanni ha bloccato l’uscita del disco previsto per il 1° marzo e il concerto al Forum di Assago del 5 ottobre, il cantautore ha annunciato lo stop per prendersi cura di sé

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Sangiovanni contro le case discografiche
Sangiovanni contro le case discografiche

Il cantante Sangiovanni ha bloccato l’uscita del disco previsto per il 1° marzo e il concerto al Forum di Assago del 5 ottobre, il cantautore ha annunciato lo stop per prendersi cura di sé.

Sangiovanni intervistato da Radio2

Sangiovanni pubblica un post effetto terremoto sul mondo della discografia, troppo concentrato sulle vendite, a tal punto da non dare possibilità agli artisti di crescere, il cantautore afferma che: “Nell’industria discografica di oggi l’unico modo per esistere è stare al gioco. Non riesco più a fingere che vada tutto bene e che sia felice di quello che sto facendo.

Voglio precisare che non sto mollando, ha detto il cantante, credo tanto nella mia musica e in questo progetto ma allo stesso tempo non ho le energie fisiche e mentali in questo momento per portarlo avanti”


Sangiovanni ha ricevuto tanta la solidarietà dei suoi colleghi artisti,  commenti di affetto e sostegno da Negramaro, Caterina Caselli, Madame, Francesca Michielin, Loredana Bertè, Elodie, Lorella Cuccarini, Carolina Benvenga, Emma e tanti altri.

Tiziano Ferro scrive a Sangiovanni: “So bene cosa vuol dire avere la tua età e trovarsi nello stato che hai descritto. Va bene che sia lui stesso a prendere decisioni per il proprio bene. A costo di importelo, prenditi cura di te“.

Ghemon, ispirato dall’uscita di Sangiovanni, pubblica una lunga riflessione sull’industria discografica: “Molti ragazzi e ragazze stanno emotivamente a pezzi, giovani o meno. Nessuno parla e nessuno gli parla. Ho sempre preferito sorvolare o incassare con stile. Ho molto rimandato, pensando a come sarei passato per gli altri se avessi scritto una cosa così. Ho capito che mi va bene passare per qualsiasi cosa tranne che per quello che non ha parlato quando era il momento.

Spero che a qualcuno serva e che il post invecchi male, perché vorrà dire che qualcosa sarà cambiato! L’industria musicale attuale promuove un modo di pensare e agire inquinato dai numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere“.

Ghemon è colui che sostiene Sangiovanni in modo più corale:  “Di mezzo ci sono le vite delle persone, si formano delle dinamiche che annientano l’autostima dei giovani artisti che, se non raggiungono il risultato prefissato, smettono di esistere. Artisti giovanissimi che spesso non sono strutturati per tenere botta a certi colpi. Ho sentito anche tante persone più grandi di me raccontare esperienze di questo tipo“.

Ghemon sostiene Sangiovanni contro le case discografiche
Ghemon sostiene Sangiovanni contro le case discografiche

Il testo completo della lettera di Ghemon

«L’industria musicale attuale promuove un modo di pensare ed agire inquinato dal culto dei numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere. Risultati prodotti in batteria e riempiti di estrogeni che danno l’illusione di grandi abbuffate ma che nascondono un mondo di bugie e false aspettative in cui purtroppo a rimetterci sono un sacco di ragazze e ragazzi.

Certo, in tempi di guerre, genocidi, crisi climatiche, becere limitazioni alla Libertà di espressione fatte in diretta tv, questo appare un argomento marginale. A paragone lo è ma una cosa – purtroppo – non esclude l’esistenza dell’altra. E come per le altre più gravi cose, anche di questa nessuno parla per paura di ritorsioni, per non passare come quelli frustrati perché non hanno un pezzo della torta o peggio ancora, venire esclusi. Di mezzo comunque ci sono le vite delle persone.

Nella musica poi ci conosciamo tutti ed è un attimo che se sollevi un problema o chiami fuori quelli che lo causa, te li ritrovi due mesi dopo a gestire il tuo contratto. Sistematiche nel mondo da cui provengo sono pratiche e frasi volte a smontare pezzo pezzo (se non distruggere) l’autostima dell’artista, per poterli ridurre a materia senza certezze e perciò più plasmabile. “Facciamo come dite voi, probabilmente lo saprete meglio di me”.

Spesso si tratta di ragazzi giovanissimi che non sono strutturati per tenere botta a certi colpi, ma ho sentito anche tante persone più grandi di me raccontare esperienze di questo tipo. Credo che ci siano tante altre tipologie di lavoro in cui questo accade, ma siccome chi fa musica si diverte, parlarne risulta marginale e da sfigati.

Secondo la società della performance l’unico modo per esistere è stare al gioco indossando l’abito che è stato scelto per tutti perché quello funziona già. Sacrifichi la tua identità perché l’uniformità rassicura il cliente e il conto economico. Fidati di noi, che così si fa. Quelli che gestiscono le tue idee creative spesso sono dipendenti di qualcun altri e in fase di bilanci rispondono a chi comanda.

Perciò mettitelo il grembiule che ha funzionato per qualcun altro se non vuoi essere esclusi. Lavati anche tu con il detersivo per tutti i capi a 90°, anche se tu sei un maglione di lana e vai lavato a mano. Il detersivo ha una gradevole nota di muschio bianco e ha anche degli additivi di ultima generazione! Poi apri la lavatrice e tu non ci sei più, c’è la versione mini del tuo cazzo di maglione.

Molti artisti pensano di poter essere l’eccezione in quel mondo ma l’eccezione non esiste.

Mi spiego meglio con un parallelo (quanto mi piacciono i paralleli): Ti apri una trattoria, cucini talmente bene che si fa la fila fuori tutte le sere e a un certo punto viene un pezzo grosso e ti dice “possiamo aprirla in tutta Italia, te li mettiamo noi i soldi, puoi fare le ricette di tua nonna vedrai che successo avranno. Guarda che noi siamo quelli che hanno aperto i McDonald’s!”. Ma quando diventi una catena, giochi con le regole del McDonald’s. E con le regole di quelli che ci hanno messo i soldi nel McDonald’s. E quelli non solo li rivogliono indietro, ma vogliono guadagnarne il doppio.

Chiamali scemi.

E perciò con gli abiti tutti uguali che non si infeltriscono (le canzoni, le produzioni, i tour, i social) quello che scompare alla fine è la tua identità. Se non si fa in un certo modo non si sta nel supermercato. Se non sei nel supermercato, il pubblico cambia anche la percezione che ha di te e tu stai davanti al tuo schermo nel costante confronto non con il/la collega più bravi, ma con dei numeri esagerati meglio.

Ti do una notizia: ci sarà sempre qualcuno con numeri più grandi dei tuoi. Non puoi lottare contro numeri costruiti da un sistema. Non puoi pensare da solo di incassare più del McDonald’s. Per fare più del McDonald’s devi diventare un altro McDonald’s.

Nella catena di montaggio, per uno che arriva primo, ce n’è sempre un altro che arriva ultimo, anche se aveva usato la stessa formula. Ma come? Non doveva funzionare? Allora sono sbagliato io. Molti ragazzi e ragazze, giovani o meno, stanno emotivamente a pezzi cercando di starci dentro con questi numeri, sento tante storie, tante depressioni, tanti esaurimenti. Nessuno parla e nessuno gli parla.

Non si tratta di flirtare con il successo e cadere, ma di altro. Finiscono per farti credere se non fai quei numeri, non è che hai fallito ma sei fallito. Per loro è lavoro e a fine giornata finisce. Per te è la tua vita e viene a dormire con te. Ma voi che sapete che è quello che dico è vero, cosa state aspettando? Di fare i commenti dispiaciuti quando un ragazzo o una ragazza più fragili non reggeranno la pressione di questo sistema e faranno una cosa dalla quale non si torna indietro? Abbiamo bisogno dei dischi di un altro Tenco, non del suo tragico finale.

Lo dico perché magari potevo essere io, se non avessi tenuto botta. Ti fanno pensare che è finito tutto lì e tu non sai che puoi perseguire il tuo successo invece in mille altri modi. Non è che andare a Sanremo, il disco zeppo di featuring a tavolino e la playlist editoriale siano gli unici sintomi del successo. Sono solo i più conosciuti. Le vie sono mille altre, ma non sono spianate, perciò devi farti un culo così e la rete sotto non c’è.

Piuttosto che piangere perché il grembiulino non ti sta a un certo punto impari a cucirti un vestito da solo. Quello è un atto creativo e poco importa se sopra non c’è l’etichetta di un marchio famoso. Se è una cosa è bella, è bella anche se non è di Gucci.

Questo ho fatto anche recentemente e questo ho imparato dai miei vent’anni di carriera. Carriera che è conseguenza, colpa e risultato dei miei no (sono noto per dire sempre no, un grande cacacazzi). Ho difeso la mia creatività sempre, prendendone i meriti e pagandone anche molte conseguenze. Da diverso tempo sono totalmente indipendente, cioè significa che non ho manager, etichetta, editore.

Recentemente come sapete ho licenziato anche il cantante. Al mio fianco ci sono le persone che credono che il mio lavoro consista nel creare qualcosa che prima non c’era e insieme proviamo ad andare oltre a quello che si vede o creare una cosa che non c’è.

La formula magica non c’è, ma come detto: il viaggio è lungo. A te che mi leggi e anche un po’ a me che scrivo: sii te stesso, sii contento di non essere come gli altri e le altre, anzi investi proprio in quello, circondati di persone che desiderano fare un pezzo di strada con te. Ogni giorno si ricomincia da capo, a tutti verrano i capelli bianchi, la pancia, i reumatismi e i numeri saranno un lontano ricordo.

Rimarrà quanto sei riuscito a restare te stesso attraverso i cambiamenti e non quanto ti sei adattato a quel sistema. Stammi a sentire, mandali affanculo».

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